PROGETTO V6 Alfa Romeo
Il progetto dell’attuale motore V6 AlfaRomeo, risale alla fine degli anni 60, nasce parallelamente alla progettazione dell’ammiraglia Alfa 6, la quale necessitava per grandezza e prestigio di un motore di grossa potenza e di cubatura superiore ai 2000 cc.
Si decise quindi per un architettura V6, avendo scartato il 6 cilindri in linea in quanto con le esperienze maturate negli anni 50, si erano verificati problemi torsionali dell’albero motore, che ne limitavano il potenziale prestazionale.
Il primo V6 montato su Alfa6 aveva una cilindrata pari a 2492 cc con diametro pistone pari ad 88 mm e corsa pari a 68,3 mm con anglo delle bancate di 60°, rapporto di compressione apri a 9:14, Pot. 117,6 Kw a 5800 giri/min e coppia apri a 228 Nm a 4000 giri/min.
Fù scelto un angolo delle bancate di 60° per avere un motore più compatto possibile, più stretto di un V6 con bancate a 90° e più corto di un 6 cilindri in linea, le teste del motore avevano una disposizione a V delle valvole di 46° molto stretta, soluzione tradizionalmente usa dall’Alfa per motivi Tecnico/prestazionali, per quanto riguarda il comando delle valvole non venne realizzato un comando diretto da parte degli alberi a camme, come d’uso comune in Alfa, in quanto una soluzione del genere non era ancora auspicabile per quei tempi su di un motore con questa Architettura.
Si realizzò quindi un sistema (fig.2) nel quale un asse a camme (1) comandava direttamente le grosse valvole d’aspirazione (2) mentre le più piccole valvole di scarico (3) , raffreddate al sodio,si alzavano mediante l’azione di un bilanciere (4), che si muoveva sotto la spinta di un asta (5) comandata dall’ asse a camme.
Di questo motore sono sempre state apprezzate la silenziosità, dovuta anche all’utilizzo dell’Intercooler che conseguentemente attenua i rumori di aspirazione, e la notevole disponibilità di coppia a basso numero di giri .
La nascita del 3000 24V fu la naturale evoluzione dell’originario 3000 12V. Tutta la parte bassa del V6 fu ripresa dall’originario 12V, ma a partire da pistoni, teste, valvole, 4 alberi a camme, tutto il sistema di comando di questi ultimi e la gestione elettronica fu riprogettato inserendo anche un innovativo sistema di accensione a bobine singole. Come detto all’inizio il V6 fu studiato con un angolo, tra le valvole, molto stretto 46° con grossi vantaggi che quest’architettura comporta, nel 24V si è voluto estremizzare questo concetto, realizzando un angolo di 37° 10’, che ha permesso un notevole guadagno in termini di permeabilità della testata a 24V rispetto a quella con 12V. La distribuzione di questo motore è a 4 alberi a camme che comandano direttamente le valvole di aspirazione e scarico, tramite bicchierini idraulici che assicurano il controllo automatico del gioco valvole.
In occasione del lancio della 156 GTA nel febbraio 2002, la cilindrata del V6 fu portata a 3179 cc con diametro del pistone uguale all’originale 3000cc cioè 93mm e corsa ora pari a 78mm. Questa soluzione, che ha richiesto la riprogettazione dell’albero motore ,è stata scelta in quanto il diametro del pistone è ormai arrivato al limite con i suoi 93mm.
Ecco in breve la storia di questo mitico motore ultimo baluardo della tecnologia Alfa I.R.I.I.
Ora se vogliamo scendere nel dettaglio ancora più specifico possiamo ancora analizzarne degii aspetti tecnici.
“Alfa Romeo vuol dire motori”. Questa frase dovrebbe spiegare, meglio di tanti giri di parole, cosa significa il marchio del Biscione nella storia dell’automobile. E proprio di uno dei mitici motori Alfa, il 6 cilindri a V, verrà ricordata, di seguito, la nascita e l'evoluzione.
Nei primi anni ’70, essendo il mercato dell’auto in continua espansione, la casa di Arese pensò di realizzare un'ammiraglia da equipaggiare con un sei cilindri di cilindrata superiore ai due litri. Lo sviluppo del motore e dell’auto destinata a montarlo, l’Alfa 6, si interruppero nel 1974 a causa della crisi petrolifera. Passato il momento critico, nel 1978 avvenne il debutto dell’ammiraglia Alfa.
Il motore dell’Alfa 6 era un sei cilindri a V di 60° di 2492 centimetri cubici di cilindrata.La potenza massima dichiarata era di 117,6 kW (160 CV) al regime di 5800 giri/min. e la coppia massima era di 228 Nm a 4000 giri/min.; il rapporto di compressione era di 9:1.
La scelta dell’architettura a V di 60° fu preferita per una serie di motivi: il motore sarebbe stato più corto di un normale sei cilindri in linea e più stretto di un sei cilindri a V di 90°, mentre l’altezza era un compromesso tra i due.
L’albero a gomiti, poggiante su 4 supporti al banco, dato il suo minor sviluppo in lunghezza, era soggetto a carichi torsionali di più modesta entità rispetto ad un sei cilindri in linea che invece era soggetto a vibrazioni che ne limitavano le prestazioni ai regimi più elevati. In particolare, i supporti al banco del V6 Alfa erano soggetti a piccole coppie d’inerzia del secondo ordine non equilibrate, che avevano modeste ripercussioni sulla rotondità di funzionamento ed sul confort della vettura.
Particolare interesse ha la testata del motore ed in particolare il comando valvole. Queste erano disposte con un angolo di 46° tra loro: una disposizione a V stretto, questa, che ricordava da vicino quella del 4 cilindri che equipaggiava la GTAM e che fu poi un punto fermo per lo sviluppo del Twin Spark. Per quanto riguarda il comando valvole occorre ricordare che l’Alfa era famosa per il comando diretto delle valvole tramite l’albero a camme, ma questa soluzione su di un motore a V avrebbe comportato la presenza di 4 alberi a camme, due per bancata. La soluzione non venne ritenuta ancora matura per i tempi e quindi venne sviluppato un sistema a singolo albero a camme per bancata (fig. 3)
L’albero a camme 1 comandava direttamente le valvole di aspirazione 2, mentre le valvole di scarico 3, raffreddate al sodio (come da tradizione Alfa romeo), si alzavano mediante l’azione di un bilanciere 4, mosso da un’asta 5, comandata dall’asse a camme. I due alberi di distribuzione e le relative pulegge erano disposte all’interno della V del motore in modo da ridurne l’ingombro.
L’alimentazione era affidata a 6 carburatori invertiti: l’Alfa fu l’unico costruttore ad adottare l’alimentazione singola per un sei cilindri, scelta che portò a benefici in termini prestazionali e in termini di rispetto delle normative antinquinamento.
Da ricordare che nel 1982 venne presentata, soprattutto per motivi fiscali, una versione da 2000 centimetri cubici (1996 cc).
I motori Alfa sono sempre stati caratterizzati, nel corso delle loro evoluzioni, da un aumento di cilindrata e nemmeno il V6 sfuggì a tale regola. Nel 1987, in occasione del lancio della 75 venne presentato il 3000 cc (2959 cc) accreditato di 141 kW (192 CV) di potenza massima a 5600 giri/min con una coppia massima di 245 Nm a 3000 giri/min.
Nel 1991 debuttò la versione sovralimentata del 2 litri, montata sull’ammiraglia 164, che conciliava le esigenze fiscali dell’epoca (sopra i 2000 cc l’Iva era al 36%) con quelle Alfa Romeo di sportività ed alte prestazioni.
La sovralimentazione di tale unità motrice (fig. 5), tramite un
turbocompressore Mitsubishi (fig. 6), fu possibile per la flessibilità offerta dagli avanzati sistemi elettronici di gestione del motore (quali il controllo della detonazione per ogni singolo cilindro) e della sovralimentazione, nonché per la capacità del motore plurifrazionato di resistere a potenze specifiche elevate.
Questo V6 fu il primo V6 costruito in grande serie capace di erogare una potenza specifica superiore ai 76 kW/litro (103 CV/litro). La potenza massima era di 152 kW (207 CV) a 6000 giri/min e la coppia massima di 306 Nm a 2750 giri/min: tali valori permettevano performance di primo piano alla 164, con una accelerazione da 0 a 100 km/h in 7,7” ed una velocità massima superiore ai 240 km/h.
Nel 1992 ci fu un’ulteriore importante evoluzione, il 3.0 V6 fu dotato di quattro valvole per cilindro (fig. 7).
Il V6 24 valvole derivò molti degli elementi dal V6 12 valvole, quali il basamento, le canne, l’albero a gomito, la pompa, il filtro e la coppa dell’olio, oltre a vari accessori secondari.
Realizzati espressamente per il 24 valvole furono gli stantuffi, le teste dei cilindri in alluminio, gli alberi di distribuzione con il loro sistema di comando, il sistema di gestione ed accensione elettronici, le candele (che avevano, per la prima volta, una durata di 100.000 km) con bobine singole ed, ovviamente, le valvole. In precedenza si è ricordato come l’angolo fra le valvole del 6 cilindri a 12 valvole era di 46°: per il 24 valvole, tale valore venne ulteriormente ridotto a 37°10’. Un angolo così acuto tra le valvole permette di ottenere una camera di combustione di superiore compattezza, riducendo le perdite per calore, e condotti di aspirazione dall’andamento verticale rispetto all’asse del cilindro.
La maggiore efficienza di aspirazione (permeabilità) del V6 24 valvole, rispetto al V6 12 valvole, era evidente a tutte le alzate valvola. Particolare importanza venne data al raffreddamento della testata, creando vie di circolazione dell’acqua per far nascere moti turbolenti in grado di migliorare lo scambio di calore.
La distribuzione del V6 24 valvole prevede 4 alberi a camme comandati da una cinghia dentata con relativo tendicinghia e con un ammortizzatore idraulico che frena le oscillazioni della cinghia. Gli alberi a camme agiscono sulle valvole tramite bicchierini idraulici che permettono il controllo automatico del gioco valvole.
Il 3 litri V6 a 24 valvole, nella sua massima espressione che equipaggiava la 164 più sportiva (la Quadrifoglio e la successiva Q4), arrivò ad erogare (in versione catalizzata) 168 kW (228 CV) che permettevano alla 164 di toccare i 245 km/h.
In occasione del lancio delle versioni GTA di 147, 156 e 156 Sportwagon è stata presentata l’ultima evoluzione di questo motore Alfa Romeo, che prevede l’aumento della cilindrata a 3200 centimetri cubici (3179 cc)
1 commento :
Alcune cose non si capiscono.
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