04 settembre 2015

Gran Turismo Alleggerita, una vettura rimasta nella storia

Gran Turismo Alleggerita, una vettura rimasta nella storia

Nel 1965 viene presentata la Alfa Romeo Giulia GTA, una vettura che contribuirà a riportare il marchio del Biscione nelle corse, vincendo vari titoli nella categoria Turismo.


Gianluigi Picchi è uno dei piloti che ha guidato le vetture ufficiali dell’Autodelta, e ricorda così quei tempi.

Come è nato il tuo rapporto con l’Autodelta, e quando sei diventato pilota ufficiale Alfa?

“Alla fine del 1969 avevo vinto il campionato di formula 3 come pilota ufficiale della Tecno, fui invitato dall’Autodelta per una seduta di prova all’autodromo di Monza insieme ad altri 25 piloti italiani. La vettura da provare era una GTA Junior sulla pista stradale. Risultai il più veloce, ma lo seppi solo sei mesi dopo quando l’Ing. Chiti mi offrì il contratto da pilota ufficiale ed il mio debutto come pilota Autodelta fu nell’estate 1970.”

Con che vetture e gare eri impegnato, che gare hai vinto con l’Alfa?

“Debuttai a Siverstone con la GTAm arrivando sesto assoluto, tre settimane dopo vinsi l’assoluto in  coppia con Andrea De Adamich nella Sei Ore del Nurburgring. Nella gara successiva vinsi l’assoluto a Zandvoort e a fine anno arrivai secondo al Jarama. Nelle quattro gare disputate con la GTAm fui Vice Campione Europeo divisione 2 (vetture fino a 2000cc). Nel 1971 mi fu affidata la GTA Junior a testa stretta per correre il campionato europeo in prima divisione (vetture fino a 1300cc) che vinsi vincendo sei gare su otto: Monza, Salisburgo, Brno, Paul Ricard, Zandvoort e Jarama, dove correvo da solo. Nurburgring e  Spa, le uniche due in coppia furono due ritiri: in Germania si ruppe il motore a De Adamich e in Belgio il cambio a Zeccoli. Ero Campione Europeo Divisione Uno e l’Alfa Romeo di nuovo conquistò il Campionato Marche. Nel 1972 sempre con la GTA Junior ho vinto tre gare: Brno, Paul Ricard, Nurburgring in coppia con Carlo Facetti dove arrivammo anche quinti assoluti con la piccola 1300 in quell’infernale circuito che era il ‘Ring. Complessivamente nella mia permanenza in Alfa Romeo Autodelta ho vinto 11 gare di Europeo.”

Quali sono stati i pregi ed i difetti delle varie GTA?

“La GTAm (Am sta per America), derivava dalla versione della Giulia Coupè 1750 esportata negli Stati Uniti dotata di iniezione Spica per le leggi anti inquinamento USA. La scocca era in acciaio con i cofani in fibra. Era dotata di 210 cv con un utilizzo da 4500 a 7200 giri, dotata di grande coppia malgrado alzasse la ruota anteriore interna ed un pronunciato rollio era tuttavia in curva la più veloce vettura da turismo dell’epoca nella sua categoria. La GTA Junior, erede della GTA 1600, con la scocca in alluminio e il motore a testa stretta da 178cv era veramente performante nel misto e permetteva velocità di punta di circa 220 km, notevole per l’epoca. Con il suo piccolo 1,3 litri riusciva a mettersi dietro moltissime vetture di due litri. La GTA e la Junior avevano l’unico punto debole nel cambio e nella trasmissione: era necessario non essere brutali con il cambio specialmente in scalata con i materiali di allora. La trasmissione e il differenziale avevano bisogno di lunghe ore di rodaggio che ci impegnavano nei giorni precedenti le competizioni. Molto raramente c’erano avarie generate dal propulsore, mai se utilizzato nei limiti indicati dai tecnici. Per ottenere il massimo delle prestazioni telaistiche da questi gioielli era necessario un buon feeling senza esagerare negli inserimenti: un armonico equilibrio nel non stressare gli pneumatici all’anteriore per poter avere continuità nelle lunghe gare di durata in funzione del risultato. Concludendo, i pregi erano: velocità in curva, frenata sufficiente, buona erogazione di potenza e nessun difetto strutturale. La GTA 1600 che è stata la vera GTA non la ho mai guidata in corsa anche se poi ho pilotato quella della Scuderia del Portello in eventi storici, arrivai in Autodelta quando questa non era più impiegata. Vedendola in pista si ha l’impressione che fosse una vettura scomposta, invece piloti come Ignazio Giunti, Nanni Galli, Spartaco Dini, Andrea De Adamich ottenevano grandi prestazioni senza mai superare il limite di utilizzo telaistico. Esagerare avrebbe comportato una penalizzazione dal punto di vista prestazionale. Per condurla al limite era necessario un gioco di funambolico equilibrio dettato da grande sensibilità di pilotaggio.”

Chi erano i tuoi compagni di squadra, che clima si respirava in Autodelta tra piloti, meccanici, tecnici?

Ero in squadra con lo storico Nanni Galli, poi Toine Hezemans il più grande interprete della GTAm, Andrea De Adamich, Carlo Facetti e Teodoro Zeccoli. Episodicamente arrivavano piloti chiamati di volta in volta dall’Autodelta , piloti meritevoli e vincenti che venivano impiegati nelle piste del paese di origine all’estero o italiani che si erano distinti in gare nazionali. Il rapporto tra piloti era abbastanza sereno almeno in apparenza salvo qualche malcelata antipatia personale che andava oltre la rivalità sportiva. I rapporti con i meccanici erano ottimi anche se questi a volte con simpatica ironia facevano commenti sulle caratteristiche di pilotaggio di ognuno di noi. Avevamo a disposizione una squadra di meccanici e tecnici che ci erano invidiati da tutte le squadre per la dedizione, passione e specialmente per la velocità di esecuzione e la professionalità ai box. La conduzione sportiva poi era di primissimo ordine con Roberto Bussinello, allora direttore sportivo Autodelta, Siena direttore tecnico e Fanin capo meccanico. Erano quanto di meglio potesse esprimere la struttura di Carlo Chiti; l’armonico rapporto tra la squadra ed i piloti era finalizzata al raggiungimento del massimo dei risultati, testimoniata dalla infinita serie di gare e campionati vinti.”

Carlo Chiti è stato uno dei grandi progettisti italiani e mondiali, una persona esuberante, a volte con un numero incredibile di idee. Che tipo era come “capo”?

“Carlo Chiti era un uomo di una intelligenza e sensibilità straordinarie, del suo valore di progettista parla la storia del motorsport. L’uomo era molto più sensibile ed umano di quanto potesse apparire nel suo ruolo di direttore della struttura: al primo colloquio mi mise subito a mio agio, ero un ragazzo che si trovava di fronte ad una mitica figura ed ero ovviamente intimorito, avevo 22 anni, un baby rispetto l’età media degli altri piloti. In preparazione a Silvestone mi disse – ovvia Picchi non ti preoccupare se su quella pista non ti trovi subito, è così larga ed anomale (non c’erano chicane all’epoca) che anche piloti di primissimo piano lì non vanno forte, ma mi raccomando non mi fare l’incidente-. Quando nel 73 restituii il contratto firmato decidendo di lasciare il professionismo alla nascita del primo dei miei tre figli l’ingegnere mi disse – mi dispiace molto ma fai  bene, voi piloti siete carne da macello – quelle parole di Chiti mi aiutarono moltissimo nella decisione che avevo preso privilegiando i valori della famiglia.”

Come era il mondo delle corse turismo negli anni ’70?

“L’atmosfera delle corse negli anni settanta era qualcosa di veramente speciale ed inebriante, nelle corse del campionato europeo turismo si affacciavano anche i piloti di F1, come Lauda, Marko, Van Lennep su BMW; Stewart, Hill, Cevert, Jabouille, Stommelen, Depailler, Mazet su Ford e tanti altri che però dovevano confrontarsi con gli specialisti delle auto da turismo che molto spesso erano più veloci.  Ad esempio  Glemser, pilota ufficiale della Ford Colonia era sempre più veloce dei suoi colleghi della F1 e Fitzpatrick più veloce in turismo dello stesso Stewart! Le ragioni sono semplici da comprendere, da una parte la consuetudine nel pilotare le auto da turismo che strutturalmente conservavano in parte le caratteristiche dei modelli da cui derivavano e che richiedevano molti compromessi nel pilotarle e dall’altra la abitudine nelle formule a mettere a punto le monoposto secondo le proprie caratteristiche di pilotaggio, cosa non sempre possibile nelle vetture turismo. Ogni gara era un festoso ritrovarsi e reincontrarsi di volta in volta stemperato sì dalla rivalità e dalla difesa della marca per cui si correva ma animato nelle pause da un certo cameratismo nella condivisione dei valori espressi dal motorsport. Nel sottofondo però sempre presente una certa gerarchia dettata dal proprio ruolo nelle squadre. Ogni gara era una storia a se, piena di aneddoti e di avventure. Questa volta vorrei ricordare l’ultima gara del 1971. Ero a parità di punti con un pilota della concorrenza che se si fosse fermato avrebbe vanificato ogni chance di successo. Il direttore sportivo della sua team lo fece tallonare per tutta la gara da una macchina gemella e quando il leader ruppe il cavo dell’acceleratore il pilota che lo seguiva si appoggiò con il muso della macchina al posteriore della vettura e lo spinse fino al box per la riparazione. Questo permise al pilota in questione di aggiudicarsi l’assoluto mentre il sottoscritto si aggiudicò la prima divisione. Sforzo organizzativo, capacità di prevedere ogni variabile erano anche le chiavi per vincere in queste competizioni al di là dei valori tecnici messi in campo che  avevano notevoli risvolti commerciali che giustificavano lo sforzo profuso dalle varie marche in competizione. Le Alfa Romeo in quel periodo si aggiudicarono una sequenza di gare  e campionati  in pista e in salita con una continuità impressionante a testimonianza dei contenuti tecnici e prestazionali e alla affidabilità della meccanica della vettura dell’Autodelta.”

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