23 agosto 2015

Storia dell’Alfa Romeo Giulia, parte seconda

Dal debutto del 1962 ai trionfi in pista e nel cinema fino al cinquantesimo RIAR

Dopo mesi di fervido lavoro il giorno della presentazione alla stampa, 27 giugno del 1962, è arrivato. La dirigenza Alfa Romeo è in trepidazione, sa bene che le auto troppo innovative non sempre sono accolte con favore dai giornalisti specializzati.
E la Giulia, l’erede della mitica Giulietta, di innovativo ha molto. Timori che si rivelano giustificati: alla vista delle nuove vetture medie del Portello schierate sull’asfalto dell’Autodromo di Monza si leva subito un brusio lamentoso. Lo sconcerto tra i giornalisti per le TI, sigla che nella tradizione del Portello sta per Turismo Internazionale, è piuttosto evidente.

A lasciare perplessi è soprattutto il design, così insolito ed eccessivo. Se i commenti più benevoli parlano di “novità”, altri sono decisamente più radicali e stroncano del tutto la linea della neonata Giulia. Critiche arrivano pure, come riporta il libro di Lorenzo Ardizio “Alfa Romeo Giulietta” di Giorgio Nada Editore, dal meno aggressivo linguaggio di Quattroruote: “estetica: originale, anche se un po’ troppo elaborata; riuscito il frontale, coda troppo tronca”.

A rimarcare la dose è il direttore del periodico Gianni Mazzocchi: “a prima vista la linea della Giulia TI appare piuttosto sconcertante, poco persuasiva; è una squadrata tondeggiante: poi, al solito, fatto l’occhio, analizzata nei suoi particolari, si riscontra una certa piacevolezza, non priva di originalità. Anzi, è forse appunto in questa eccessiva ricerca di originalità che gli stilisti dell’Alfa hanno ecceduto, cioè nell’elaborazione dei particolari”.



UNA SEI POSTI QUASI PERFETTA A restituire il giusto giudizio alla Giulia sarà il tempo e, soprattutto le vendite, da subito intense malgrado il prolungarsi del completamento dell’impianto di Arese che complica non poco l’attività del Biscione fino al 1963. Un periodo di transizione dove la componentistica e la meccanica sono prodotte al Portello e trasferite ad Arese dove si realizzavano le scocche e l’assemblaggio. Ad attrarre gli ordini, comunque, ci pensa l’eccellenza della berlina. Lunga 414 cm, larga 156, alta 143 e con un passo di 251 cm (13 in più della Giulietta), la neonata Alfa offre un abitacolo ampio e luminoso in grado di ospitare sei persone grazie alla panchetta tre posti anteriore e un grande bagagliaio di 500 litri di capacità. Apprezzati pure il design esterno con i doppi fari del frontale e quell’area di moderna sportività, nonché gli interni, la disposizione dei comandi e la chiarezza della strumentazione. Tra le critiche più rilevate citiamo lo scarso contenimento laterale della seduta sulla panca anteriore, per altro con schienale sdoppiato che in presenza di tre persone crea qualche problema sulla corretta regolazione dell’inclinazione, e la leva del cambio al volante, ritenuta poco pratica su un modello di impronta sportiva. Non piacciono pure alcuni rivestimenti “poveri” su un’auto in vendita a 1.622.000 lire, 330.000 in più della rivale Fiat, la “1500”. Si tratta, però, di piccole imperfezioni sulle quali si può sorvolare considerate le qualità globali della Giulia.



PER CUORE HA UN BIALBERO Ad attrarre più di tutto, e non poteva essere altrimenti, è la meccanica. Il motore è l’evoluzione del 4 cilindri con basamento e testata in alluminio e distribuzione a doppio albero a camme in testa della Giulietta, opportunamente riveduto e aggiornato con novità di interesse, come il debutto delle valvole di scarico raffreddate al sodio che ne migliorano tenuta e durata. L’alimentazione avviene tramite un carburatore doppio corpo, mentre il collettore di scarico con configurazione 4-2-1 è di derivazione agonistica e garantisce una migliore riempimento delle camere di scoppio e una maggiore risposta ai bassi regimi. La cilindrata cresce dai 1.290 cc della Giulietta ai 1.570 cc, così come la potenza che passa da 50 a 92 CV. Un surplus che assicura prestazioni di tutto rilievo: velocità massima di 165 km/h (ma test di riviste specializzare rilevarono un dato di 175,979 km/h), accelerazione da 0 a 100 km/h in 13,7” e chilometro da fermo percorso in poco più di 35”. Il cambio è a cinque marce sincronizzate, proposta raffinata per l’epoca, con quinta di potenza.



SU STRADA SI MERITA UN “9” Eccelse le doti stradali, come conferma la pagella di Quattroruote di allora che attribuisce alle prestazioni della Giulia voti mai inferiori al “9”. Il merito è del telaio rigido e dallo schema delle sospensioni, a quadrilateri sovrapposti nell’anteriore e con ponte rigido nel posteriore. Un sistema, quest’ultimo, perfezionato, come spiega lo stesso Busso nel libro “Nel Cuore di Alfa” edito da Automobilia, “spostando le molle della sospensione per dare maggiore spazio alla bagagliera e ancorando il triangolo sulle scatole laterali della scocca”, soluzioni di “nuova concezione che limitavano l’inclinazione laterale in curva, la cabrata in accelerazione e l’assetto picchiato in frenata”. Da notare che, per la prima volta, la Giulia adotta cuscinetti delle sospensioni e snodi dello sterzo autolubrificanti che, di fatto, eliminano la manutenzione su tali componenti. Per i freni, la scelta dei tecnici del Portello cade su un impianto con tamburi (a tre ganasce nell’anteriore) malgrado l’arrivo sul mercato dei sistemi a disco perché, come racconta Busso, “i primi confronti fra questi (i freni a disco, ndr) e le nostre vecchie soluzioni non erano stati subito convincenti”. Una scelta che segna l’unico “7” nella pagella del periodico specializzato, che peraltro definisce la frenata “potente, resistente e progressiva”. Oltre ad essere sofisticata, la meccanica della Giulia è considerata molto affidabile, grazie alle numerose prove di resistenza al quale sono sottoposti i componenti e l’intera vettura, nonché al minuzioso sistema di controllo della qualità previsto su tutta la linea ed effettuato dagli “uomini verdi”, così chiamati per il colore della tuta.



DALLA TI ALLA NUOVA SUPER Nel corso degli anni la Giulia berlina subisce diverse evoluzioni. Nel 1963 esordisce la versione per le competizioni, la TI Super, la prima auto di serie che si avvale del famoso simbolo del “Quadrifoglio” applicato sulle Alfa Romeo da corsa. Ha carrozzeria alleggerita (pesa meno di una tonnellata), motore da 112 CV (arrivava a 155 con l’elaborazione di preparatori come Conrero) con doppio carburatore Weber, cerchi in magnesio e leva del cambio a cloche sul pavimento. Quest’ultima debutta l’anno seguente pure sulla TI, ora con due classici sedili anteriori con maggiore contenimento laterale e con quattro freni a disco della Dunlop. Nel 1965 è il momento della Super, variante con finiture più accurate, enfatizzare dalla plancia in legno e dalle maggiori cromature. A crescere è pure la potenza (98 CV) e la velocità di punta (175 km/h), mentre sono in calo i consumi, merito dell’allungamento della quinta marcia. Due anni più tardi la TI è rimpiazzata con la 1600 S da 95 CV (102 dal 1969), prima di subire un leggero restyling nel 1971. Più consistenti le modifiche apportate alla Nuova Super del 1974, con mascherina in plastica nera, scudetto di nuova forma e disegni inediti di paraurti e coda. Cambiano pure gli interni, ora più eleganti e con sedili dotati di poggiatesta.



CI SONO ANCHE LA 1300 E LA DIESEL In parallelo alla unità da 1,6 litri, dal 1964 è commercializzata la 1.300 con 78 CV, cambio a quattro marce e velocità di 155 km/h. Rispetto alla sorella maggiore ha frontale con due soli fari, interni più semplici e dotazioni minori. Come la 1600, avrà diverse evoluzioni guadagnando la quinta marcia (versione TI del 1965) e qualche cavallo in più fino a giungere agli 89 CV della Super del 1970 e delle successive varianti. A fine carriera, nel 1976, la crisi petrolifera porta a creare frettolosamente pure una versione a gasolio, la Nuova Super Diesel con motore Perkins Engines da 1.760 cc di cilindrata e 55 CV di potenza utilizzato sui furgoni Alfa Romeo F12. Un’unità che consente prestazioni modeste (135 km/h la velocità), è rumoroso, fumoso e provoca non pochi problemi a causa delle maggiori vibrazioni che scuotono su un telaio pensato per i motori a benzina.

NELLE CORSE NON HA RIVALI Nei 15 anni di vita Alfa Romeo affianca alla berlina numerose altre varianti, dalla coupé GT e GT 1300 Junior alle scoperte Spider, Sprint GTC e Spider Duetto, dalla Giardinetta Colli fino alla sportive TZ e TZ2 e la GTA. Dalla Giulia deriveranno pure le 1750 e la 2000, i primi prototipi realizzati da Bertone della Montreal e la Gran Sport Quattroruote, replica 6C 1750 Gran Sport degli anni Trenta prodotta in piccola serie. Una gamma che per quasi un ventennio dimostra tutto il suo valore dominando le gare di Turismo (che continua a regnare nelle sfide di auto storiche) e imponendosi in diverse competizioni di rally e durata nella propria classe. Ma pure formando i giovani campioni che scelgono le economiche e competitive Giulia, in particolare le GT 1300 Junior, per apprendere i segreti della guida. Un palmares infinito impossibile da sintetizzare che è merito pure dell’Autodelta, il Reparto Corse guidato da Carlo Chiti che prepara le vetture per professionisti del volante.



L’AUTO DI GUARDIE E LADRI A confermare le doti velocistiche e stradali della Giulia è pure la scelta dalle forze dell’ordine di adottarle come vetture per numerosi servizi. Come quelli di pronto intervento effettuato dalla “Squadra volante” della Polizia con le mitiche “Pantere” e del “Nucleo Radiomobile” dei Carabinieri con le velocissime “Gazzelle” appositamente modificate incrementando capacità del serbatoio e la potenza di batteria e motore. A sceglierle sono pure i malviventi che provano a sfuggire alla cattura con duelli ad armi pari. Sfide per la libertà o la giustizia che sono immortalate in numerosi film dell’epoca, quali “Milano Calibro 9”, “Milano trema, la Polizia vuole giustizia”, “Roma a mano armata”, “Napoli spara!” o “La Polizia incrimina, la legge assolve”. Polizieschi all’italiana con inseguimenti spettacolari che sono rimasti nell’immaginario collettivo e che hanno fatto diventare la Giulia una vera e propria icona senza tempo.



ANCORA AMATISSIMA Nel 1977 l’avventura della Giulia si conclude con il ritorno della Giulietta, questa volta con meccanica derivata dall’Alfetta e forme spigolose. Una carriera gloriosa che supera abbondantemente le aspettative di vendita previste dai responsabili del Biscione prima del debutto, che pensavano di raddoppiare i numeri (180.000) ottenuti dalla Giulietta degli anni Cinquanta. Un obiettivo che verrà triplicato considerato che nei tre lustri di commercializzazione le berline prodotte arrivano a 572.646 e che con le derivate si supera la soglia di un milione di vetture consegnate. Una storia leggendaria che ha stravolto il panorama automobilistico degli anni Sessanta e che ancora oggi ha innumerevoli estimatori.

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